Il MA - Katy House gallery, Monfalcone

DAL 27 GIUGNO Al 1 SETTEMBRE 2010
Katy House Gallery- Via C.A.Colombo, 15 - Monfalcone (GO)
www.katyhouse.it

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Recensione

OPENING: Sabato 26 Giugno 2010
ore 20:30 con live performance di Ylbert Durishti dal titolo
"Live Inshadows 3.0"

a cura di: ALICE GINALDI, SIVA LE DUC, ISABELLA MARA, FIORDALICE SETTE

Un solo tema, un concetto, un idea: il MA. Quattro diverse interpretazioni di qualcosa
che per sua stessa natura non è definibile a cui 19 artisti hanno dato forma.

Opere di: FRANCESCA ADAMINI, DIEGO FINASSI, FRANCESCA MARTINELLI, VANJA MERVIC,LORENZO ZAVATTA, MARCO ARCHITETTO, ELEONORA FOSSATI, LUCA TOLU, SANJA LASIC, MARTA FUMAGALLI, FRANCESCO DE MOLFETTA, OMAR HASSAN, DARIO LAZZARETTO, ENRICA BERSELLI, LUCA BIDOLI, MIRKO CANESI, FIORELLA FONTANA, KAZUMI KURIHARA, RICCARDO PIROVANO, MASSIMILIANO ROBINO.

Da un'idea di RICCARDO PIROVANO
Tema tratto dalla tesi di laurea in Scultura dal titolo "-IN BETWEEN- La scultura ambientale" di MARTA FUMAGALLI, Accademia di Belle Arti di Brera, 2010.
Organizzazione: ANNALISA BERGO
Ufficio stampa: GIOVANNI VELLUTO

con il patrocinio della Provincia di Gorizia


Il Concetto

Intitolare un progetto espositivo MA significa essere alla ricerca del nocciolo dell'arte
contemporanea. Capirla profondamente significa spogliarsi con umiltà di tutte le conoscenze
pregresse. Vuol dire riacquisire l'innocenza percettiva attraverso occhi vergini e privi di pregiudizi.
Ed è guarda caso lo stesso atteggiamento che dovremmo avere per capire che cosa sia questo ma.

Eraclito aveva individuato la quintessenza dell'essere nell'unità dei contrari e visse nella convinzione che la realtà fosse in continuo divenire. Tutto scorre (panta réi). Nulla, dice similmente il buddhismo zen, è fermo. La realtà sensibile e materiale non è che una distrazione da quella che è l'essenza della vita, e questo ma rappresenta l'ago della bilancia, l'arida terra di nessuno in cui gli equilibri raggiungono la perfezione. Il ma è un pensiero sfuggente a qualsivoglia definizione e praticamente intraducibile dal giapponese. Esprime un concetto di spazio fisico/temporale, una specie di quarta dimensione utile a descrivere un'intercapedine tra due entità. Simbolo di un vuoto eloquente non contemplato dalla cultura occidentale, è in grado di incidere sulla percezione e sulla realtà fenomenica. Usato in architettura, in musica, come anche nel linguaggio colloquiale, il ma è un'idea refrattaria ad essere ingabbiata in precisi schemi metodologici. Aderisce al pensiero zen per cui la conoscenza non è la via per raggiungere la consapevolezza, bensì solo un ostacolo al conseguimento di essa. Il ma è banalmente il “tra”, un corridoio di congiunzione tra opposti che sopravvivono l'uno grazie e malgrado l'altro. Come se il concetto di contrasto simultaneo dei colori complementari potesse essere applicabile a tutti i contrari. La tangenza di due opposti/complementari li esalta, li gratifica e ciascuno di essi, quando è solo, richiama l'altro per attitudine.
La zona di frontiera, il ma, è la cortina in cui le energie si catalizzano azzerandosi l'una nell'altra.

Pochi occidentali hanno intuito l'importanza del vuoto. Tra questi ci furono i grandi maestri di dialettica, che ci hanno insegnato che sono i silenzi, molto più delle parole, a persuadere gli oratori. E a pensarci bene anche la musica può definirsi tale solo grazie alle pause ben orchestrate tra i suoni. Lo spazio vuoto è il respiro che ci permette di godere del pieno, altrimenti soffocante e impermeabile. È condizione necessaria e sufficiente per far esistere il pieno. Allora cosa aspettiamo a fare nostro questo ma applicandolo alla visione del mondo di ciascuno di noi, alla nostra immanenza percettiva e soprattutto riscoprendolo nell'arte contemporanea. È proprio in quella porta, spazio, pausa che troviamo il riposo mentale perché il messaggio dell'artista si schiuda ai nostri occhi come una rivelazione. Sarà sufficiente avere la voglia di ascoltare e lasciare che il ma diventi un filo di Arianna in grado di condurci all'essenza della comunicazione. Un filo sottilissimo, invisibile ma fondamentale che ci farà avvicinare senza filtri a ciò che abbiamo attorno.
Alice Ginaldi


Le Interpretazioni

Vuoto a rendere
Poetica orchestrazione del vuoto nel pieno, il ma ci rende consapevoli che è l'assenza l'unica risposta possibile, l'unico medium che ci permette di fruire della sostanza. Il ma è per me un vuoto a rendere.
Rappresenta la celebrazione della mancanza, riciclaggio pulito dell'inutile e dell'invisibile. Risorge dalle proprie ceneri come una fenice, per spiccare il volo e posarsi su un'altra pienezza invadendo tutto l'universo percepibile e non. Per riconoscerlo è necessaria una forte concentrazione o forse un totale abbandono, è il respiro dello yoga, veicolo tra il dentro e il fuori del corpo umano, flusso autonomo che penetra i nostri polmoni spingendosi nelle nostre arterie, nelle vene, nei capillari, ma rimanendo invisibile. La sua leggerezza lo rende volubile e duttile, si insidia inosservato spostando costantemente l'attenzione sul pieno più vicino a sé, per scrollarsi di dosso gli occhi dei più. Il ma si propone con umiltà e modestia a chi è in grado di sentirlo, pur essendo portatore di una forza sottilissima e inesorabile capace di sovvertire l'ordine conoscitivo della realtà.
Alice Ginaldi

Cronache dell'Akasha
Il concetto filosofico Giapponese del Ma, di spazio vuoto in cui tutte le possibilità spazio temporali sono presenti in potenza, nell'ambito della teosofia classica trova una corrispondenza diretta con il termine sanscrito “Akasha”. In particolare il testo “Cronaca dell'Akasha” di Rudolf Steiner, figura centrale nell'ambito della teosofia e poi antroposofia tra il 1800 e 1900, delinea la possibilità che ha l'uomo di ampliare i propri poteri latenti mettendosi in contatto con questa essenza eterica dello spazio-tempo dove tutti gli avvenimenti passati e futuri sono impressi indelebilmente. Nel testo Steineriano scorrono millenni di storia sconosciuta, rivelata dalla chiaroveggenza. Rivivono gli abitanti della sommersa Atlantide, popoli capaci di una tecnologia totalmente diversa dalla nostra che riusciva a muovere piccoli aerei utilizzando come carburante materiali biologici totalmente non inquinanti.
Gli artisti che ho selezionato rappresentano una parte di una nuova tendenza dell'arte contemporanea che pur partendo da un'impostazione concettuale, ne rifiuta le degenerazioni superficiali e ironiche degli ultimi decenni, per attingere invece a piene mani dal quel gran serbatoio d'immagini archetipiche condiviso da tutti che è il subconscio, riportando l'arte a un valore e a una profondità reale, dopo le speculazioni che hanno portato l'arte a un livello assimilabile a qualunque bene di consumo di lusso.
Siva Le Duc

Déjà Vu
"Gli artisti operano su quel sottilissimo confine, che separa il VISIBILE dall'INVISIBILE".
Il déjà vu è un fenomeno che si colloca in uno spazio intermedio in cui realtà e sogno si fondono, è una dimensione altra. Il tempo e lo spazio diventano relativi, vi è una sensazione di familiarità falsa che si estende a tutti gli elementi presenti in quel momento nell'ambiente percepibile, si alterano così le funzioni cognitive di riconoscimento (attenzione) e recupero(memoria).
Il déjà vu non è solamente legato alla vista, ma anche alle percezioni tattili o sonore, sottili alterazioni celebrali ci muovono verso un "conosciuto inedito in un presente perpetuo". Il déjà vu ritorna nel concetto di MA come luogo di transito, un ponte, uno spazio, una frazione da attraversare. Il déjà vu è una momentanea espressione di un mancato adattamento alla realtà(continua) sociale. È la più lieve e genuina forma di disadattamento, di disattenzione, una specie di "inciampo" apparentemente banale ma assai conturbante, ha dato per lungo tempo adito all'idea che dietro di esso potessero celarsi la trasmigrazione delle anime, l'eterno ritorno dell'identico etc.
Il fenomeno del déjà vu si propone questa volta come "varco sensoriale", una sorta di porta aperta sulla dimensione del non-tempo.
Isabella Mara

(M)ambiguity
"Ma" è un momento interno alla conversazione tra due o più persone. Partendo dal presupposto che il patrimonio linguistico di ciascun individuo sia unico e diverso da quello di qualsiasi altro uomo, si giunge facilmente alla conclusione che, a priori, ogni testo o discorso sia potenzialmente polisemico. Ciò implicache il senso del messaggio comunicato dal mittente potrebbe essere frainteso dal destinatario dello stesso. Nella cultura giapponese, "Ma" è una dimensione, uno spazio-tempo astratto nel quale si depositano i messaggi del mittente, parole che possono celare allusioni più sottili, che hanno bisogno di un lasso di tempo, più o meno breve,per essere recepite, forse comprese e replicate.
"Ma" è dunque, nella sfera della comunicazione, una dimensione eterea, di armonico silenzio, di possibilità, di attesa di confronti e riscontri. È un velo effimero e ineffabile tra due dialoganti nel quale si condensano aspettative e sensazioni di entrambi, oltre alle stesse possibilità di comprensione o incomprensione del messaggio.
Fiordalice Sette